Collezione Lucci

Trentotto opere, tra dipinti e disegni, donate alla città nel 1980 dall'unico erede di Enrico Lucci, per espressa volontà del collezionista
LA STORIA DELLA COLLEZIONE

Il 22 luglio 1981 è il giorno dell’inaugurazione, presso la sede dell’ex Museo Civico di Via Pietro Micca, dell’allestimento dei dipinti della collezione di Enrico Lucci, pervenuti alla Città di Biella a due anni dalla sua morte.  Con la donazione di Enrico Lucci, il Museo Civico di Biella, non solo accresce le proprie raccolte, ma acquisisce opere di altissimo livello artistico, uscendo da un contesto meramente locale, in grado di illustrare il panorama artistico nazionale e internazionale della prima metà del Novecento.

Sono in tutto trentotto, fra i dipinti e disegni, le opere donate al museo.
Alcune opere antiche, come il dittico, risalente al XVI secolo, rappresentante un’Annunciazione o il Ritratto di Gentiluomo accostabile alla bottega di Tiziano o ancora la tavola lignea di area biellese con il Miracolo di Santa Caterina, restano casi isolati in una collezione che si è specializzata sempre più in direzione di quelle espressioni artistiche sorte in Europa a partire dalla prima metà del Novecento.
Espressionismo, futurismo e surrealismo sono infatti ben rappresentati dalle opere di Max Ernst con Mer et soleil, Giacomo Balla con Linee-forza di paesaggio, Renè Magritte con L’epreuve du sommeil, Marc Chagall con Il tamburino, Paul Klee con Espressione di un volto II e Salvador Dalì.
E poi ancora, a testimonianza della ricca e preziosa collezione, si possono citare Yves Tanguy con una piccola tela intitolata Sortons!, Fernand Léger con Nature morte à l’aloès , la tempera di Joan Mirò e il Concetto Spaziale di Lucio Fontana.

Il commento della storica dell'arte (video)

LA VITA DI ENRICO LUCCI

Enrico Lucci nasce  il 16 luglio 1930 a Bardi, in provincia di Parma.
Si trasferisce a Biella con l'intera famiglia, a seguito del padre Armando, inizialmente dipendente della società appaltatrice della riscossione del dazio e successivamente ricco daziere con una propria florida società. Un’attività redditizia ma certamente faticosa, alla quale anche la madre, Maria Bassi, collabora. Nel tempo libero la donna si dedica anche a una serie di attività di beneficenza che la rendono nota presso parecchie istituzioni biellesi, soprattutto l’Asilo Serralunga, di cui diviene presidente. La sua attenzione per i rapporti umani e per le iniziative di solidarietà sono elementi che segnano indelebilmente il figlio, a lei legato da un affetto profondo. Il rapporto fra i due è di intensità unica, tanto da far pensare che la figura materna sia in grado di condizionare la vita affettiva e sentimentale del figlio, che le resterà al fianco in ogni caso, anche rinunciando a qualche cosa di sé.
Enrico si laurea in giurisprudenza all’Università di Torino. Subito dopo entra nell’azienda paterna, anche se il lavoro, che pure svolge con scrupolo, non lo appassiona. Il padre, malgrado la floridezza degli affari, continua a corrispondere al figlio uno stipendio fisso, non particolarmente cospicuo, forse per temprarne la volontà e la capacità di evitare gli sprechi. Non farà in tempo a dimostrarsi meno severo almeno nei rapporti di lavoro: perderà la vita in un incidente automobilistico, il venti settembre del 1965, mentre torna da Venezia verso Abano Terme.
Enrico rientra subito dagli Stati Uniti. Il dolore per la perdita del padre è grande e aumentano anche  le preoccupazioni dal punto di vista lavorativo. Deve tacitare le voci di coloro che, anche con l’ovvia mira di fargli perdere gli appalti del dazio, lo additano come “figlio di papà”, non troppo abituato alla fatica e quindi potenzialmente incapace di gestire la società. In realtà l’azienda continuerà a marciare bene sotto la sua guida: saranno le decisioni governative, fra il 1972 ed il 1973, a determinare la fine della sua carriera di imprenditore.
Nel 1974 diviene Presidente dell’Ospedale con designazione da parte dell’intero Consiglio Comunale di Biella. I cinque anni che seguono sono assai intensi, a tratti frenetici: l’attività svolta a servizio dell’Ospedale diviene il suo vero e proprio lavoro quotidiano. Sono anni in cui la sinergia fra la fondazione Caraccio e la struttura ospedaliera produce una serie di cambiamenti che modificano profondamente l’aspetto fisico, le potenzialità e la qualità di assistenza dell’Ospedale nel suo insieme.
Nel 1977 la morte della madre sconvolge profondamente la sua vita e in più occasioni confessa agli amici di sentirsi spesso drammaticamente solo. Dopo soli sue anni, si manifesteranno in lui i primi sintomi della malattia che sembrerà fatalmente ricollegarsi all’epatite che lo aveva colpito da ragazzo e che a distanza di sei mesi lo porterà alla morte.

*La collezione Enrico Lucci, a cura di Vittorio Natale, Biella 1997, pp.11-13.